lettera pastorale
del vescovo 2023-2024
I piedi in cammino e… gli occhi sullo Sconosciuto (Lc 24,15-16)
Per l’anno pastorale 2023-2024 abbiamo scelto di lasciarci accompagnare dal racconto pasquale dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) soffermando la nostra attenzione nella prima parte del racconto laddove il Signore risorto si avvicina e cammina conversando con loro, ma i loro occhi non erano in grado di riconoscerlo.
Gli occhi sullo Sconosciuto
Meditando questo racconto che si rinnova laddove due o tre sono riuniti nel Suo nome, ci chiediamo se anche nella nostra Chiesa di Vicenza si sono avvicinate realtà che, come per i due discepoli, sono per noi espressioni di quello Sconosciuto. Ne suggeriamo tre.
In primo luogo, balzano ai nostri occhi le tante persone che sono giunte in mezzo a noi negli ultimi mesi per bussare alle porte delle parrocchie, dei comuni e delle nostre case: i migranti. Possiamo dire che sono realmente degli sconosciuti. Hanno compiuto un lungo cammino e la ricerca di una vita migliore, di libertà, di futuro li ha portati accanto a noi. Sconosciuti come lo “sconosciuto”, autentici “forestieri” rispetto alla nostra cultura e vita sociale. Laddove hanno trovato una porta aperta sono entrati. Un giorno Gesù ha raccontato una parabola sul giudizio finale della storia nella quale vi erano anche i migranti: “ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). Chi ospita uno straniero accoglie Gesù, chi non lo ospita non accoglie Lui. Spesso i nostri occhi faticano a riconoscerlo. Bussando alla nostra porta che cosa ci sta chiedendo il Signore con questi fratelli e sorelle? Ci chiede forse di conversare in dialogo sincero e aperto anche con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni? Ci chiede di accogliere il Suo Corpo che porta i segni delle “piaghe gloriose” presenti nelle storie e nel corpo di questi nostri fratelli e sorelle? Possiamo qui ricordare un testimone. Il 15 settembre di tre anni fa veniva ucciso a Como don Roberto Malgesini, mentre compiva il suo servizio, la sua missione: offrire la colazione a chi vive in strada. Il suo martirio accresca in noi l’audacia della carità.
Una seconda realtà che alla chiesa e forse pure come società appare lontana quasi come quello Sconosciuto è costituita dai ragazzi e dai giovani.
Fatichiamo come adulti a parlare la loro lingua e incontriamo difficoltà nell’interpretare il loro vissuto. Non riusciamo a riconoscere le ferite profonde inferte con l’isolamento causato dalla pandemia. Siamo sconvolti per alcuni fatti di violenza ma fatichiamo a sentirci chiamati in causa come adulti.
Ragazzi e giovani camminano al nostro fianco e con le molteplici esperienze associative e parrocchiali vissute quest’estate (Azione Cattolica, Agesci, Sermig, Missio Giovani) – una per tutte nella Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona – ci stupiscono per la gioia di vivere, per il profondo desiderio di riconciliazione, per il silenzio contemplativo di cui sono capaci davanti all’Eucaristia.
Li abbiamo vicinissimi in casa, ma sappiamo camminare con loro, al loro passo? Il Signore ci invita come Chiesa a camminare con il passo dei giovani? Ad accoglierli prima di giudicarli? A farci carico delle loro fragilità? Ci lasciamo interpellare dalle loro visioni sulla Chiesa e sul mondo?
Possiamo invocare l’aiuto di un altro testimone. Trent’anni fa, come oggi, al Brancaccio di Palermo, veniva ucciso dalla mafia don Pino Puglisi. Parroco, per molti anni insegnante, un grande educatore di ragazzi e giovani, capace di leggere il loro vissuto e di accompagnarli a riconoscere la chiamata del Signore.
Vi è, infine, la creazione, uscita dalle mani di Dio e affidata alle nostre mani, ricca di splendore e armonia. Essa – come afferma l’apostolo Paolo – sottoposta a caducità “è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). Oggi essa ci sta rivolgendo un grido per le ferite che noi, figli di Dio, le abbiamo provocato anche nel territorio vicentino.
Noi figli di Dio abbiamo inquinato l’acqua e siamo costretti ad individuare confini nuovi, non più geografici e ridurre la molteplicità dei colori del creato al rosso e all’arancione nelle “zone” più ammalate.
“Sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22). E ai credenti il compito di cooperare perché la creazione venga liberata dalla “schiavitù della corruzione”.
Il Creatore cammina al nostro fianco e ci chiede forse di ascoltare il respiro della natura? Di attivare il dialogo nelle nostre comunità cristiane con le altre confessioni religiose e con ogni uomo di buona volontà, per la salvaguardia del creato? Ci è chiesto di convertire il nostro operato da predatori dei doni di Dio a custodi e contemplativi della creazione?
«L’esempio di santa Teresa di Lisieux ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo» (Papa Francesco, Laudato si’, n. 230).